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Counseling Day 2023


 
Riformiamo quegli Ordinidi Alessandro De Nicola Le categorie professionali si oppongono a qualsiasi cambiamento. Una difesa delle proprie prerogative che dimentica la rivoluzione in atto nei servizi intellettuali. E rinuncia a guidare la modernizzazione. Nel Belpaese si ha l'impressione che le professioni intellettuali tradizionali siano da tempo arroccate nella difesa delle loro prerogative e che anzi, complice la crisi, chiedano che vengano estese anche a loro nuove protezioni.

La 'modernizzazione' del settore è vista dai rappresentanti degli ordini professionali tutt'al più come implicante maggiori obblighi di formazione professionale ma niente più, tant'è che, appena prima della legge di stabilità (che impone entro 12 mesi una radicale ristrutturazione degli Ordini professionali), stavano procedendo di buona lena in Parlamento vari provvedimenti restrittivi: la riforma dell'Ordine dei giornalisti che restringeva le possibilità di accesso, l'istituzione di nuovi Albi (tra cui quello degli igienisti dentali, professione che schiude le porte a luminose carriere in altri campi) e la modifica dell'ordinamento forense che mirava a reintrodurre le tariffe professionali inderogabili e una serie di limitazioni, guarentigie, divieti che andavano in senso contrario alla liberalizzazione del settore.

I professionisti sono una lobby ben organizzata (basti pensare che circa il 40 per cento dei parlamentari appartiene a una categoria professionale) e vocale. Nonostante il problema della concorrenza e dell'efficienza del mercato dei servizi professionali (che rappresentano un fatturato di 200 miliardi di euro) si ponga ormai dal 1997, quando l'Autorità antitrust pubblicò la prima indagine conoscitiva sul tema (e nel 2003 l'allora commissario europeo alla concorrenza, Mario Monti, ricordasse: 'Non credo che gli ordini dovrebbero essere coinvolti nella sfera economica dei professionisti, dettando regole sul comportamento nel mercato dei loro iscritti, come per esempio fissando le tariffe o vietando la pubblicità'), l'unico vero scossone si ebbe con il decreto Bersani che abolì i minimi tariffari, introdusse il patto di quota lite e diede via libera alle parafarmacie. Poi più niente, se non un gioco di interdizione degli Ordini che hanno cercato di limitare la portata della riforma.

Orbene, ormai gli studi sul settore sono numerosi: quelli della Banca di Italia hanno evidenziato che i servizi professionali nei Paesi meno regolamentati contribuiscono a una maggior crescita del Pil (una media dello 0,8 per cento in più) e la concorrenza migliora la qualità del servizio (al contrario di quello che si sente dai rappresentanti di categoria, sempre attenti alla 'qualità' del servizio da non 'svendere'); l'Antitrust o, da ultimo, la Fondazione Debenedetti, mostrano un certo nepotismo e una completa casualità nell'accesso (in alcuni capoluoghi i promossi all'esame di Stato sono il 90 per cento, in altri meno del 10), nonché una scarsa propensione degli Ordini a disciplinare gli iscritti (propensione che non è aumentata dopo la Bersani, segno che l'abolizione delle tariffe non ha inciso sulla qualità...).

Inoltre, le professioni si stanno rivoluzionando: sempre di più nel mondo agiranno società di capitali (ammesse anche dalla legge di stabilità) per fornire a basso costo e su base globale servizi ora pagati con parcelle 'dignitose'. L'asimmetria informativa caratteristica delle prestazione professionale (il cliente non è in grado di giudicare la bontà di ciò che si riceve), grazie a Internet, al rafforzamento delle strutture interne delle aziende e all'attivismo delle associazioni dei consumatori si sta riducendo. Sempre più l'outsourcing verso giurisdizioni (o regioni all'interno dello stesso Paese) più convenienti, tecnologia ed innovazione sia nei servizi che nel metodo di parcellazione (i clienti pretendono ora di associare il professionista al proprio rischio imprenditoriale) saranno per il mondo professionale la formula per creare valore aggiunto e crescere o quantomeno non essere spazzati via.

Se questo è vero, invece che organizzare anacronistiche astensioni dalle udienze ed emettere indignati comunicati contro la mercificazione delle arti liberali, i professionisti dovrebbero cogliere al volo le opportunità della liberalizzazione e, per una volta, guidare il processo di cambiamento invece che esserci trascinati dentro, impreparati e subalterni.

titolo: Riformiamo quegli Ordini
autore/curatore: Alessandro De Nicola
fonte: L'Espresso
data di pubblicazione: 02/12/2011
tags: riforma, ordini, deregolamentazione

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